Grandi Fotografi

Grandi Fotografi

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Gianni Berengo Gardin

Ha iniziato dal 1954 a occuparsi di fotografia. Inizia la sua carriera di fotoreporter nel 1965, quando lavora per Il Mondo di Mario Pannunzio. Negli anni a venire collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali come Domus, Epoca, Le Figaro, L’Espresso, Time, Stern.

Il suo modo caratteristico di fotografare, il suo occhio attento al mondo e alle diverse realtà, dall’architettura al paesaggio, alla vita quotidiana, gli hanno decretato il successo internazionale. Molte delle più incisive fotografie pubblicitarie utilizzate negli ultimi cinquant’anni provengono dal suo archivio. Procter & Gamble e Olivetti più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine. La sua amicizia con l’architetto Carlo Scarpa gli ha permesso di documentare alcune opere di quest’ultimo, come la tomba Brion vicino Treviso.

Berengo Gardin ha esposto le sue foto in centinaia di mostre in diverse parti del mondo: il Museum of Modern Art di New York, la George Eastman House di Rochester, la Biblioteca Nazionale di Parigi, gli Incontri Internazionali di Arles, il Mois de la Photo di Parigi, le mostre dei centri commerciali FNAC.

 

L’8 settembre 1981 si trova a Ulassai per documentare l’operazione Legarsi alla montagna di Maria Lai, un’operazione che segnerà negli anni a seguire un importante spartiacque dell’arte contemporanea, alcune fotografie sue di quell’evento sono parte integrante della collezione del Museo Stazione dell’arte di Ulassai.

Nel 1991 una sua importante retrospettiva è stata ospitata dal Museo dell’Elysée a Losanna e nel 1994 le sue foto sono state incluse nella mostra dedicata all’Arte Italiana al Guggenheim Museum di New York. Ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia, ha ricevuto l’Oskar Barnack – Camera Group Award.


Gianni Berengo Gardin ha pubblicato 210 libri fotografici: tra gli altri, Venise des Saisons, Morire di classe (con Carla Cerati), L’occhio come mestiere, Toscana, Francia, Gran Bretagna, Roma, Dentro le case, Dentro il lavoro, Scanno, Il Mondo, Un paese vent’anni dopo (con Cesare Zavattini), In treno attraverso l’Italia (con Ferdinando Scianna e Roberto Koch), fino al grande libro antologico dal titolo Gianni Berengo Gardin Fotografo (1990). L’editore Contrasto nel 2005 ha pubblicato il grande libro antologico “Gianni Berengo Gardin”, con Reportage in Sardegna 1968/2006 (Imago edizioni 2006).

Ha fotografato le comunità di zingari in Italia e il libro risultante, Disperata Allegria – vivere da Zingari a Firenze, ha vinto nel 1994 l’Oscar Barnack Award.

Nel 2005, la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche gli ha dedicato una monografia della collana “Grandi Autori”. Nel febbraio 2005 la Fondazione Forma per la Fotografia ha presentato una sua grande mostra retrospettiva alla Maison Européenne de la photographie di Parigi e successivamente nel luglio 2005 ha iniziato la sua attività espositiva con una mostra di Gianni Berengo Gardin a Milano. Nel novembre 2007, sempre la FIAF, ha edito la monografia “L’Abruzzo dei fotografi”, che ospita (anche in copertina) dieci sue immagini dell’Aquila ed un’intervista. Nel dicembre 2007, in occasione del Lucca Digital Photo Festival, ha esposto a Lucca il suo ultimo lavoro “Aiutiamo la Casa del Sole”.

Il 18 ottobre 2008 gli è stato assegnato il premio Lucie Award alla carriera, quale riconoscimento per i suoi meriti fotografici, mentre una personale è stata allestita nell’autunno dello stesso anno a Palazzo Pichi Sforza di Sansepolcro (AR). Di notevole spessore i suoi scatti nello studio bolognese di Via Fondazza del pittore ed incisore Giorgio Morandi, ripubblicati in una raccolta uscita nel gennaio 2009 a cura della casa editrice Charta. A maggio 2009 all’Università Statale di Milano gli è stata conferita la Laurea honoris causa in Storia e Critica dell’Arte. Sempre nel 2009 pubblica con Allemandi & C. Reportrait. Incursioni di un reporter nel mondo della cultura (con Flavio Arensi), in cui presenta oltre duecento ritratti inediti di artisti, intellettuali, scrittori, architetti. Per la prima volta, dunque, non la gente comune ma i personaggi, da Warhol a Zavattini, da Pasolini a Piano incontrati nella sua lunga carriera di reporter. Nel maggio 2009 la Mostra omonima è ospitata ad Orta S.Giulio (No). Sempre Allemandi pubblica un libro dedicato dal fotografo al lavoro di Mimmo Paladino.

Lunedì 17 agosto 2009 a Porretta Terme è stata inaugurata la mostra fotografica “La Porrettana in cinque amici”. Le immagini ritraggono la prima “strada ferrata” che attraversò l’Appennino collegando Bologna con Pistoia com’è oggi, soffermandosi lungamente sui luoghi che la ferrovia Porrettana attraversa e sulle persone che lì vivono. Con lui espongono Mosè Norberto Franchi, Davide Ortombina, Donatella Pollini, Massimo Zanti. Dal lavoro è stato tratto anche un catalogo a tiratura limitata. Ha lavorato in Italia e all’estero trascorrendo lunghi periodi a Roma, Parigi e in Svizzera.

 

 

Nel 2013 Berengo Gardin ha iniziato una collaborazione con It@rt, prestando le sue fotografie alla creazione di t-shirt in edizione limitata e certificate dall’artista stesso.

Gianni Berengo Gardin vive a Milano ed è membro dell’agenzia fotografica Contrasto dal 1990 ed è inoltre membro del circolo “La gondola” di Venezia.

 


 

Bill Cunningham

bill1il fotografo di moda che immortalava le persone in strada

In bici, vestito sempre con la giacca blu, i pantaloni chiari e le scarpe con la suola di gomma.

Era il maestro dello street style.

Cunningham sulla sua bici a New York.

 

 

Il mondo come passerella

Per Cunningham, bostoniano trapiantato a New York dopo un’infelicissima esperienza a Harvard la prima carriera fu sì nella moda, ma come cappellaio per signore dell’Upper East Side. Capì all’alba degli anni 60 che presto nessuna avrebbe più portato cappelli e che con la fotografia avrebbe potuto raccontare una storia più bella: il mondo come passerella. Solo i bambini, quando giocano, hanno sulle labbra lo stesso sorriso che aveva Cunningham al lavoro: facendo gimkane in bici tra i camion di Midtown seguiva la preda, vestito sempre in giacca blu da netturbino di Parigi, pantaloni khaki, scarpe nere con la suola di gomma.

La vita monacale nello sgabuzzino fra i suoi negativi

bill3Fece vita monacale dormendo per sessant’anni su una specie di barella in uno sgabuzzino che ospitava l’archivio dei suoi negativi, con il bagno sul corridoio. Rifiutò per decenni l’assunzione al New York Times, del quale era collaboratore fisso, avere un padrone gli faceva orrore: si rassegnò a cedere alle avances del giornale nel 1994, quando non riuscì a schivare l’ennesimo furgone e finì all’ospedale senza assicurazione. Gli ultimi anni furono quelli dei premi come il titolo di Chevalier dans l’ordre des Arts et des Lettres, ritirato a Parigi. Gli dedicarono un bel documentario e lui non andò in sala, la sera della prima, perché doveva fotografare gli invitati sul tappeto rosso.

«La libertà non ha prezzo»

E poi la mostra al Metropolitan alla quale rispose «no grazie» e le campagne ricchissime che avrebbe potuto scattare per gli stilisti che non prese mai in considerazione, «i soldi sono facili ma la libertà non ha prezzo». Venne considerato il padre nobile dei fotografi di street style che affollano Internet ma lui scattò fino a qualche anno fa solo su pellicola e paragonarlo, come artista, a quei blogger è come paragonare Basquiat a un graffitaro che spruzza un «tag» su una saracinesca.

 

 

 

Arrivato diciannovenne a New York nel 1948, dopo un semestre passato a Harvard – «Non faceva per me» – Bill ci mette un po’ a trovare il mezzo migliore attraverso il quale veicolare la sua passione per le donne ben vestite e i loro cappelli, gli stessi che attiravano la sua attenzione quando di domenica andava in chiesa da piccolo. Disegnerà cappelli per le ricche clienti della boutique di abiti su misura Chez Ninon e lì avrà la sua prima folgorazione con l’élite newyorkese e il suo gusto, pur ignorando il più delle volte il nome delle signore alle quali metteva in testa le sue creazioni. Per mantenersi farà più lavori e, dopo la chiusura del suo mini atelier e l’esperienza nella guerra di Corea, proverà a scrivere di moda.

Quando John Fairchild di Women’s Wear Daily gli bocciò un pezzo nel quale indicava Courrèges come il vero rivoluzionario della moda di quel periodo, dicendogli che il nome su cui puntare era invece quello di Yves Saint Laurent, Cunningham va a lavorare per Eleanor Nangle e il Chicago Tribune, dove l’incontro con Montgomery di cui sopra e quella piccola Olympus daranno il via alla sua carriera. Le prime foto della sua fortunata e longeva rubrica per il Times risalgono all’inizio degli anni Settanta e non sono che una piccola parte del suo lavoro, che negli anni è stato celebrato da diverse retrospettive e documentari.

«La maggior parte delle mie fotografie non viene pubblicata. Io cerco di documentare le cose che credo siano importanti. Sono stato al Pride sin dalle sue prime edizioni, ad esempio, era qualcosa che non avevamo mai visto (…) Faccio quello che faccio per me stesso, davvero». Robin Givhan sul Washington Post ne ha elogiato lo stile sobrio e l’etica giornalistica impeccabile, valore che oggi sembra essersi diluito fra sponsorizzazioni editoriali e parate di finto street style fuori dalle sfilate, ricordandoci come d’ora in poi la fashion week sarà un po’ più triste senza quella giacca blu che spicca curva su un paio di scarpe che solo lui poteva aver notato.

 

 


 

Franco Fontana

FrancoFontanaRitrattoComincia a fotografare nel 1961 – frequentatore dei “Fotoclub”, si dedica prevalentemente a un’attività amatoriale, anche se svolge ricerche estetiche su diversi temi. Molto rilevanti saranno quelle dedicate all’espressione astratta del colore, svolte in un periodo in cui l’astrattismo in fotografia era da ricercarsi esclusivamente nel bianco e nero. Nel1963 espone alla Terza Biennale Internazionale del Colore a Vienna; l’anno dopo Popular Photography gli pubblica, per la prima volta, un portfolio con testo di Piero Racanicchi.

Tiene le prime esposizioni personali nel 1965 a Torino (Società fotografica Subalpina) e nel 1968 a Modena (Galleria della Sala di Cultura). L’esposizione nella città natale segna una svolta nella sua ricerca. La sua complessa attività e il rilievo internazionale della sua produzione possono essere compendiati in alcune cifre.

Gli sono stati dedicati oltre 70 libri, pubblicati da editori italiani, francesi, tedeschi, svizzeri, spagnoli, americani e giapponesi; ha esposto in musei pubblici e gallerie private di tutto il mondo – oltre 400 sono le mostre personali e di gruppo che ha finora tenuto.

Le sue opere sono conservate in oltre cinquanta musei in tutto il mondo, fra i quali: International Museum of Photography, Rochester; Museum of Modern Art,retrospettiva New York; Museum of Fine Arts, San Francisco; Museum Ludwig, Colonia; Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris; Victoria and Albert Museum, Londra; Stedelijk Museum, Amsterdam;Kunsthaus di Zurigo; Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, Torino; The Photographic Museum, Helsinki; Puskin State Museum of Fine Arts, Mosca; The University of Texas, Austin; Museum of Modern Art, Norman, Oklahoma; Museo d’Arte di San Paolo; Israel Museum, Gerusalemme; Metropolitan Museum, Tokyo; National Gallery di Pechino; The Australian National Gallery, Melbourne; The Art Gallery of New South Wales, Sidney – e private.

Muzzarelli-FontanaHa ottenuto importanti riconoscimenti e premi, in Italia e all’estero. Ha collaborato e collabora con riviste e quotidiani: Time-Life, Vogue USA, Vogue France, Il Venerdì di Repubblica, Sette, Panorama, Epoca, Class, Frankfurter Allgemeine, New York Times. Tra le tante campagne pubblicitarie da lui firmate, vanno almeno ricordate quelle per: Fiat,Volkswagen, Ferrovie dello Stato, Snam, Sony, Volvo, Versace, Canon, Kodak, Robe di Kappa. Ha tenuto workshop e conferenze all’estero (Guggenheim Museum, New York; Institute of Technology, Tokyo; Accademia di Bruxelles; Università di Toronto; Parigi; Arles; Rockport; Barcellona; Taipei) e in numerose città italiane (tra le tante: Torino, Politecnico; Roma) e ha collaborato con il Centre Georges Pompidou, nonché con i Ministeri della Cultura di Francia e Giappone. È direttore artistico del Toscana FotoFestival.

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Gabriele Basilico

GabrieleBasilicoEsordisce alla fine degli anni sessanta con fotografie di indagine sociale. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Milano (1973), si dedica alla fotografia con continuità. Data agli anni 1978-1980 la sua prima ricerca importante – Milano. Ritratti di fabbriche – presentata nel 1983 al PAC (Padiglione d’arte contemporanea di Milano). Il primo incarico internazionale è del 1984, quando viene invitato a partecipare, unico italiano, alla Mission Photographique de la DATAR, l’importante progetto di documentazione delle trasformazioni del paesaggio contemporaneo voluto dal governo francese. Da questo lavoro nascono il libro e la mostra Bord de mer.

Dopo qualche anno, nel 1990, riceve a Parigi il “Prix Mois de la Photo” per la mostra e il libro Porti di Mare. Nel 1991 con un importante progetto sulla città di Beirut, devastata da una guerra civile durata quindici anni, la sua notorietà si sposta a un livello ancora più decisamente internazionale. Un primo bilancio sul suo lavoro è oggetto della retrospettiva alla Fondazione Galleria Gottardo di Lugano nel 1994 e del volume L’esperienza dei luoghi. Fotografie 1978-1993.

Invitato alla Biennale di Venezia del 1996 con la mostra Sezioni del paesaggio italiano/Italy. Cross Sections of a Country, in collaborazione con Stefano Boeri, mosca-verticalericeve il premio “Osella d’oro” per la fotografia di architettura contemporanea. Nel 1999 pubblica Interrupted City e Cityscapes, con oltre trecento immagini sulle città realizzate a partire dalla metà degli anni Ottanta, da cui seleziona una serie di fotografie per le esposizioni allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al CPF (Centro Portugues de Fotografia) di Porto, al MART (Museo d’Arte Moderna di Trento e Rovereto) di Trento, e al MAMBA (Museo de Arte Moderno) di Buenos Aires. Nel 2000 svolge un lavoro sull’area metropolitana di Berlino su invito del DAAD (Deutscher Akademischer Austausch Dienst) ed espone Milano, Berlin, Valencia all’ IVAM (Istituto Valenciano de Arte Moderno) di Valencia. Riceve inoltre il premio “I.N.U.” (Istituto Nazionale di Urbanistica) per il suo contributo alla documentazione dello spazio urbano contemporaneo.

Nel 2002 la GAM, Galleria_civica_d’arte_moderna_e_contemporanea di Torino gli dedica una retrospettiva, e nell’ambito di Photo España con il volume Berlin vince il premio per il miglior libro fotografico dell’anno. Nel 2003 partecipa alla V Biennale di Architettura e di Design di Sao Paulo con una mostra in collaborazione con Alvaro Siza, successivamente esposta alla Triennale di Milano e al PAN di Napoli.

Nel 2005 pubblica il libro Scattered City, raccolta di centosessanta immagini inedite di città d’Europa. Nel 2006 espone alla Fundação Calouste Gulbenkian di Lisboa e riceve un incarico di lavoro dal Nouveau Musée National de Monaco. In collaborazione con Amos Gitai realizza inoltre una video proiezione sulla città di Beirut. Nel 2006 pubblica il volume Photo Books 1978-2005, che raccoglie e illustra tutti i suoi libri personali e molti dei più importanti libri collettivi a cui ha preso parte. Lo stesso anno, in occasione di una grande retrospettiva alla Maison Européenne de la Photographie di Parigi pubblica la monografia Appunti di un Viaggio/Carnet de travail 1969/2006. Nel 2007 espone al Palazzo della Ragione di Mantova, all’Ara Pacis di Roma, alla Fondazione Ragghianti di Lucca, alla Pinacoteca Provinciale di Bari.

basilico_ridottoÈ anche invitato alla Cinquantaduesima Esposizione d’Arte della Biennale di Venezia dove presenta fotografie della serie Beirut 1991. Sempre nel 2007 realizza una grande campagna fotografica sulla Silicon Valley su incarico del SFMoMA (San Francisco Museum of Modern Art) di San Francisco, dove espone nel 2008, pubblicando il volume Gabriele Basilico-Silicon Valley. Inoltre riceve dalla Fondazione Astroc di Madrid il “Premio Internazionale per la Fotografia di Architettura” ed espone in quella sede. La mostra è accompagnata dal volume Intercity. Nel 2008 realizza una ricerca sulla città di Roma, presentata al Palazzo delle Esposizioni con il libro Roma 2007. Lo stesso anno presenta una ricerca sulla trasformazione della città di Mosca vista dalle sette “Torri staliniane”, svolta in collaborazione con Umberto Zanetti, alla Cité de l’Architecture/Palais de Chaillot di Parigi. Il volume che raccoglie il lavoro si intitola Mosca verticale.

La sua ricerca va sempre più allargandosi alle grandi metropoli del mondo e nel 2010-2011 lavora su Istanbul, Shanghai, Rio de Janeiro, pubblicando nel 2010 Istanbul 05.10, nel 2011 Da Istanbul a Shanghai, sempre nel 2011 Basilico. Rio de Janeiro 2011. Nel 2012 partecipa alla XIII Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia con il progetto Common Pavilions, ideato da Adele Re Rebaudengo e realizzato in collaborazione con Diener & Diener Architekten, Basilea. Il libro Common Pavilions viene pubblicato nel 2013.

Basilico ha sempre intrecciato il suo instancabile lavoro fotografico sulla morfologia e le trasformazioni della città e del paesaggio contemporaneo con attività seminariali, lezioni, conferenze, riflessioni condotte anche attraverso la parola scritta. Il suo pensiero è stato raccolto e sintetizzato nel 2007 nel volume Gabriele Basilico. Architettura, città, visioni, a cura di Andrea Lissoni, mentre nel 2012 ha pubblicato Leggere le fotografie in dodici lezioni.

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Mario Giacomelli

Mario_GiacomelliA tredici anni è garzone presso la Tipografia Giunchedi finché non sopraggiunge la guerra, vi ritorna, dopo aver partecipato ai lavori di ricostruzione dai bombardamenti, come operaio tipografo.
Nel 1950 decide di aprire una sua tipografia.
Nel 1953, Giacomelli acquista una Bencini Comet S (CMF) modello del 1950, con ottica rientrante acromatica 1:11, pellicola 127, otturazione con tempi 1/50+B e sincro flash. Tra il ’53 e il ’55 inizia a fotografare parenti, colleghi e amici. In quegli anni frequenta lo studio fotografico di Torcoletti, il quale gli presentò Giuseppe Cavalli, artista e critico d’arte.

Sotto la guida di Ferruccio Ferroni e con la supervisione di Cavalli, Giacomelli si addentra nella tecnica fotograficaNel 1954 si costituisce il gruppo fotografico “Misa”. Nel 1955 vince il Concorso Nazionale di Castelfranco Veneto.

Sono di questo periodo alcune serie dallo stile di reportage come Lourdes (1957), Scanno (1957/59), Puglia (1958, dove tornerà nel 1982), Zingari (1958), Loreto (1959, dove ritorna nel 1995), Un uomo, una donna, un amore (1960/61), Mattatoio (1960), Pretini (1961/63), La buona terra (1964/66).
Iniziano le prime pubblicazioni sulle riviste specializzate di Fotografia. Continuando con la sua ricerca, il fotografo inizia a chiedere ai contadini, pagandoli, di creare con i loro trattori precisi segni sulla terra, agendo direttamente sul paesaggio da fotografare per poi accentuare tali segni nella stampa.

pianura1Tramite Crocenzi, nel ’61 Elio Vittorini chiede a Giacomelli l’immagine Gente del sud (dalla serie Puglia) per la copertina dell’edizione inglese di Conversazione in Sicilia. Nel ’63 Piero Racanicchi, che insieme a Turroni è stato tra i primi critici sostenitori dell’opera di Giacomelli, segnala il fotografo a John Szarkowski, direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA di New York che sceglie di esporre una sua fotografia alla mostra The Photographer’s Eye. L’immagine è tratta dalla serie Scanno.

Nel ’64 Szarkowski acquisirà poi l’intera serie Scanno e alcune immagini della serie Pretini. Nello stesso anno partecipa alla Biennale di Venezia con la serie dell’Ospizio, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sotto l’influsso di Crocenzi, nel ’67 Giacomelli pensa alla realizzazione di una serie fotografica incentrata sul racconto, interpretando Caroline Bransondell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, e chiede a Crocenzi di fornirgli un canovaccio da seguire.

pianureNel 1968 conosce Alberto Burri, e ne segue un’attenzione all’informale.

Nel ’78 partecipa alla Biennale di Venezia con fotografie di Paesaggi. Nel 1980 Arturo Carlo Quintavalle scrive un libro analitico sull’opera del fotografo, acquisendo una buona quantità di sue opere per il centro CSAC di Parma. Nel 1984 conosce il poeta Francesco Permunian con il quale instaura una collaborazione che dà alla luce le serie Il teatro della neve (1984/86) e Ho la testa piena mamma (1985/87).

Nel 1983/87 crea Il mare dei miei racconti fotografie aeree scattate alla spiaggia di Senigallia. Negli anni ’70/90 Giacomelli fotografa la costa adriatica nei pressi di Senigallia, creando la serie Le mie Marche.

Degli anni novanta sono le serie Vita del pittore Bastari (1991/92), Poesie in cerca d’autore, Bando (1997/99), 31 Dicembre (1997). Mario Giacomelli muore il 25 novembre del 2000 a Senigallia, dopo un anno di malattia, mentre lavorava alle serie Questo ricordo lo vorrei raccontare (1999/2000) e La domenica Prima (2000).

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Oliviero Toscani

Oliviero_Toscani_1Oliviero Toscani nasce a Milano il 28 febbraio 1942. Figlio d’arte, il padre Fedele Toscani fu il primo fotoreporter del Corriere della Sera. Dal primo giocattolo ricevuto, una macchina fotografica “Rondine” della Ferrania, alla scuola frequentata (la Kunstgewerbeschule di Zurigo, dove Toscani si diploma a vent’anni con un punteggio fuori dal comune), la sua vita è segnata dalla fotografia.

Gli inizi professionali sono caratterizzati da alcuni reportage che mettono sapientemente in luce alcune caratteristiche peculiari della sua generazione attraverso il ritratto di personaggi, comportamenti e mode del momento. Sono gli anni dei capelli lunghi e dell’esplosione del rock, nonché del fermento che contrassegna la società civile, la stessa che partorirà al suo interno personalità come Don Milani o come, per restare nel campo dello spettacolo, Lou Reed. Toscani è comunque sempre lì, pronto con la sua macchina fotografica a rendere testimonianza degli avvenimenti, delle tendenze e dei gusti.

Il suo talento emerge con prepotenza e infatti viene subito notato da riviste di moda e di costume come Vogue, Elle e Harper’s, che se lo contendono nelle loro scuderie.

Il celebre fotografo è ormai riconosciuto internazionalmente come la forza creativa di alcune tra le campagne pubblicitarie mondiali di maggior successo, tra cui si possono annoverare le campagne di Esprit, Valentino,Chanel, Fiorucci e Prenatal.

Dal 1982 al 2000 Oliviero Toscani trasforma Benetton in uno dei marchi più conosciuti a livello mondiale, offrendo alla compagnia la sua immagine fascieistituzionale, l’identità e la strategia di comunicazione, sviluppando al tempo stesso la sua presenza sul web.

Toscani crea inoltre “Colors”, il primo magazine globale al mondo, e “Fabrica”, una scuola internazionale d’arte e comunicazione che realizzerà campagne originali per conto delle Nazioni Unite, Procter & Gamble e La Repubblica.

Nel 1992 realizza un servizio fotografico in Somalia, nel campo profughi di Baidoa, pubblicato poi su riviste italiane, tedesche e americane.

galleriaI lavori di Toscani vengono esposti nelle Biennali di Venezia e di Sao Paolo oltre che in numerose altre importanti manifestazioni nel mondo, ottenendo diversi premi tra cui quattro “Lion d’Or” al Festival di Cannes, il Grand Prix dell’UNESCO, i Grand Prix degli Art Directors Club di New York, Tokyo e Milano e infine il “Grand Prix d’Affichage”.

Oliviero Toscani è poi (1999, 2000) direttore creativo della rivista “Talk” del gruppo Miramax, per la quale sviluppa un’identità visiva totalmente nuova.

Dopo oltre trent’anni di innovazione nei campi della pubblicità, della carta stampata, della televisione e del cinema, dedicando il proprio talento creativo e comunicativo ad un altro medium: Internet.

Nel 2006 assume la direzione artistica di “MusicBox”, canale interattivo della piattaforma Sky. I videoclip musicali (scelti dal pubblico da casa tramite email o sms) vengono “disturbati” da “pillole virali” create da un gruppo di creativi, sotto l’occhio attento di Toscani, il quale conduce presso la stessa emittente il (non)talk-show “Cameraoscura”.

Il celebre fotografo italiano vive in Toscana, dove produce vino e olio d’oliva e alleva cavalli.

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